Test sierologici, tamponi, tracciamento e patente di immunità. Termini ed espressioni che hanno iniziato a circolare insieme al Covid-19 e che sono al centro del dibattito. Quanti tamponi vengono fatti e a chi? Come funziona lo screening attraverso i test sierologici, ovvero procedure che consentono di individuare chi ha incontrato il virus? In Lombardia, la Regione più colpita dall’epidemia, c’è stata confusione sul tema, ma il 12 maggio la Giunta ha annunciato la possibilità anche per i privati di svolgere i test sierologici, ribadendo la maggiore utilità – nonostante anche i singoli possano farli – se fatti su una «comunità», come spiegato dall’assessore Giulio Gallera. «Il test sierologico sui privati in forma autonoma non è utile e genera false aspettative – ha detto – e per questo abbiamo previsto che sia possibile effettuarlo all’interno di una determinata comunità».
Chi deciderà di effettuare i test dovrà occuparsi di tutto il processo: procurarli, trovare il laboratorio e reperire i tamponi – un numero pari al 10% dei test che si effettuano – a cui sottoporre le persone che eventualmente risulteranno positive. Un meccanismo che non convince Fabio Pizzul (PD) e Michele Usuelli (+Europa) che, contattati dalla redazione di fuoridalcomune.it, hanno illustrato le loro perplessità sulla gestione di test e tamponi.

«L’apertura ai privati era necessaria, però nell’ambito di un progetto più globale che non c’è» ha detto Fabio Pizzul, sottolineando come Regione Lombardia «sbaglia nel deregolamentare senza prendere la responsabilità di gestire di fatto una possibilità di tracciamento epidemiologico vero». E la deresponsabilizzazione per il presidente del gruppo regionale del Partito Democratico potrebbe non far reggere il sistema dei tamponi, con il rischio di scaricare sulle aziende la responsabilità. «O regione Lombardia si mette nell’ottica di provare a fare davvero un tracciamento massiccio coinvolgendo i privati sotto la sua regia e dando alle aziende la possibilità di contribuire a un progetto regionale – ha sottolineato il consigliere – altrimenti diventa davvero una situazione poco gestibile e che mette in difficoltà anche la aziende».
Di mancanza di trasparenza ha invece parlato Michele Usuelli, consigliere regionale di +Europa in merito all’accessibilità dei documenti (intervista realizzate il 14 maggio, ndr). «Possiamo parlare di deficit di trasparenza – ha detto – perché le notizie non arrivano, non solo alla stampa, ma anche a noi consiglieri, e di muro di gomma perché quando chiediamo non rispondono». Per quanto riguarda i test, invece, Usuelli ha definito «altamente disfunzionale nei confronti del mondo del lavoro» un sistema che scarica sulle imprese il tracciamento, sottolineando come questo «mostra una Giunta in confusione che non riesce a dare delle spiegazioni chiare e lineari e di fatto non aiuta e che anzi con la sua incompetenza ostacola la fase 2».
Il Consigliere di +Europa valuta positivamente la tariffa di riferimento per i tamponi – 62,89 euro – disposta da regione, ma contesta il merito della decisione. «Giudico negativamente – ha detto – la possibilità di mettere in vendita i tamponi al privato, visto che abbiamo una capacità in Regione Lombardia di circa 14.000 al giorno», indicando come regione dovrebbe invece concentrarsi sull’individuazione delle categorie su cui fare gli screening. «In base alla quantità di test su sangue che loro sono in grado di avere per sé – ha detto – devono andare ad individuare quali sono le categorie prioritarie, al netto dei sanitari, dei pazienti sintomatici e dei loro contatti. Queste priorità non sono note – ha sottolineato – in consiglio regionale e ai cittadini».





