Il Liceo Machiavelli ospita l’attivista afghana Malalai Joya: un incontro esclusivo

Una conferenza unica, che ha visto gli studenti del Liceo parte del tour europeo dell'attivista ed ex parlamentare

Nella foto: Malalai Joya (ospite), Anna Favalli (traduttrice), e le professoresse Marina Orefice, Garue Serena, Risina Daniela, Morello Franca, Mauretti Laura, Tilli Giuseppina
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Due occhi scuri e profondi, che tanta ingiustizia hanno visto e tante battaglie vinto; un sorriso luminoso, frutto della convinzione che un mondo migliore sia possibile, che la lotta non debba fermarsi mai e che oggi – più che mai – non ci si possa permettere il lusso di perdere la speranza.
In Afghanistan c’è un detto che dice che non si può nascondere il sole”: si è presentata così, ai numerosi allievi del Liceo Machiavelli di Pioltello, Malalai Joya, ex parlamentare afghana, scrittrice e attivista per i diritti civili in Afghanistan, che nella mattinata di venerdì 27 aprile ha tenuto una conferenza in una sala gremita dei ragazzi delle prime e delle seconde liceo, per parlare del suo Paese e della libertà che le donne meritano di ottenere.

IL PROGETTO

I ragazzi – coordinati dalle professoresse Garue Serena, Risina Daniela, Morello Franca, Mauretti Laura, Tilli Giuseppina e, in particolare, Marina Orefice, insegnante di italiano e storia e professoressa anche all’Università Statale di Milano – hanno preparato dieci domande da presentare all’attivista, facenti parte di quattro macrogruppi: violenza contro le donne, giustizia, accesso all’istruzione e realtà attuale afghana.

Siamo partiti dall’individuazione di due percorsi – ci ha raccontato Marina Orefice – uno geostorico, che ha trattato la questione siriana, la situazione mediorientale e l’attuale Iraq, e uno narrativo, all’interno del quale si è svolta la lettura del romanzo ‘Sotto un cielo di stoffa’ di Cristiana Cella. L’incontro di oggi intende portare a noi, tramite un’esperienza diretta, la tematica della negazione dei diritti civili. L’Italia, per quanto riguarda la violenza sulle donne in ambito domestico, è tra i Paesi i cui dati sono più preoccupanti: è quindi interessante riflettere sulla violenza, su come questa si possa perpetrare e su quali siano le possibili forme che possono insorgere. Si parte dalla gravissima situazione afghana, sì, ma per fare anche una riflessione su di noi”.

Un progetto che ha visto le insegnanti impegnate nella realizzazione di un’occasione unica per i loro studenti, quella di incontrare un personaggio dalla storia davvero intensa, che gira il mondo con le sue conferenze per parlare di pace, diritti e democrazia.

I ragazzi, le organizzatrici e Malalai

L’INCONTRO

Malalai, affiancata dall’interprete Anna Favalli, ha risposto alle domande dei ragazzi parlando della sua terra, della gravissima situazione di terrorismo e droga, ma anche della forza delle persone che, ogni giorno, lottano contro mafia e corruzione affinché il futuro possa essere migliore. “Spesso coloro che si impegnano per i diritti civili, in particolare le donne che lottano per le donne – ha raccontato Malalai – sanno che le possibilità di vivere in prima persona i risultati delle loro fatiche sono davvero basse, ma questo non le frena: sono disposte a rischiare tutta la loro vita per questo obiettivo a lungo termine”.

Le grandi rivelazioni riguardanti il suo Paese, Malalai le ha fatte guardando i ragazzi negli occhi: “La presenza dei signori della guerra è stata sostenuta e incrementata dalla presenza degli USA e della Nato: questi due soggetti favoriscono il traffico della droga. Il New York Times ha documentato viaggi di aerei militari Nato e USA verso basi militari in Afghanistan per il rifornimento di droga e armi. In Afghanistan viene prodotto l’80% dell’oppio presente in tutto il mondo. Questo significa che la maggior parte dell’eroina che viene consumata, negli Stati Uniti come in Europa, arriva da lì. Noi abbiamo un governo totalmente in mano alla mafia”.

Un discorso di portata mondiale, che ha molto interessato i ragazzi presenti.
Il terrorismo è molto legato al fenomeno della droga: gli attacchi suicidi colpiscono il mondo intero, e sono finanziati proprio dai proventi derivanti dalla produzione e vendita delle sostanze stupefacenti.

Oltre a droga e terrorismo, un altro argomento toccato è stato quello dei migranti, che, spinti dalla povertà, provano a cercare rifugio in Europa, ma senza successo: “Ci sono migliaia di richiedenti asilo afghani che fuggono per la guerra. L’Europa ritiene l’Afghanistan un paese sicuro, quindi le persone vengono rimandate indietro: non hanno diritto all’asilo politico”. Ma quali possibilità hanno, una volta esclusa – causa forze maggiori – la soluzione Europa? “Una volta tornati hanno due alternative, o si fanno reclutare dalle milizie estremiste lavorando come mercenari o cadono nella droga: ci sono milioni di tossicodipendenti attualmente in Afghanistan. Ma questa situazione dipende direttamente dal governo afghano, un regime fantoccio di un narco-paese che viene sostenuto dagli Usa e dalla Nato”. E, sempre a proposito di droga, Malalai ha aggiunto: “La maggior parte degli introiti della produzione di oppio non va ai contadini ma finisce nelle mani di coloro che ne gestiscono il traffico”.

È stata di una studentessa una delle domande riguardo l’essere donna che sono state poste all’ex parlamentare: “Sei mai stata discriminata?”.
In Afghanistan uccidere una donna è più facile che uccidere un uccellino – ha risposto Malalai – c’è l’immunità, è davvero difficile che chi uccide una donna venga punito o finisca in carcere. C’è anche molta paura riguardo l’educazione delle donne, perché chiaramente, più sanno, più possono lottare per migliorare la loro condizione. Quando sono stata parlamentare mi hanno minacciata di stupro, picchiata e successivamente espulsa dopo soli due anni perché ho detto che il Parlamento era popolato da animali e sembrava uno zoo.”
Anche il divieto di vestirsi all’occidentale e poter mostrare la propria femminilità è un’imposizione che pesa sulla psiche delle donne: “Devo utilizzare il burka, che odio in quanto simbolo di oppressione: non sei più un essere umano quando lo indossi. Per muovermi senza essere riconosciuta, però, devo indossarlo. Si tratta della mia sicurezza, e di quella di tante donne minacciate e in pericolo”.

Verso il termine della conferenza, l’attivista ha mostrato una serie di slides riportanti molte fotografie: tra queste, a colpire le coscienze dei presenti, è stata l’immagine di una ragazza di soli 26 anni uccisa a Kabul, fatta a pezzi, investita e successivamente bruciata e gettata in un fiume a causa di false accuse di insulto al Corano. In realtà, aveva solo domandato a un uomo di chiesa dei chiarimenti riguardo un passaggio del libro sacro, ma la legge degli uomini non conosce giustizia, e l’ha condannata senza possibilità di recupero. “Se questo è successo senza clamore a Kabul – ha sottolineato Malalai – immaginatevi cosa può accadere nelle zone rurali”.

Questo comportamento – hanno domandato i ragazzi – deriva da fattori religiosi o sociali, come etnia ed estrazione sociale?
Le motivazioni della discriminazione contro le donne possono essere ricercate in tre fattori principali: la mancanza d’istruzione, l’importanza della religione e l’estrema povertà. Riguardo quest’ultimo punto, ci sono famiglie disposte a vendere le proprie figlie trasformandole in schiave sessuali. La religione, troppo spesso, viene invece utilizzata come scusa: in realtà si tratta di una strategia comunicativa volta a imporre il proprio pensiero. Quando mancano gli strumenti di base per essere critici e pensare con la propria testa non si può essere cittadini attivi: è questo che il potere cerca, e queste condizioni garantiscono il controllo del Paese da parte delle potenze occupanti, che al momento sono Nato e USA”.

Ma qual è il pensiero della scrittrice e politica riguardo il ruolo della religione nelle istituzioni? “Non può esistere una democrazia islamica – ha affermato Malalai – in quanto un termine religioso non può e non deve accostarsi alla democrazia, che è espressione pura di un sistema politico. Religione e politica sono due sfere distinte che non dovrebbero incontrarsi“.

UN ISTITUTO ATTENTO AL SOCIALE

Per l’Istituto Machiavelli non è certo la prima occasione di incontro con personaggi di alto calibro, sebbene solitamente si tratti di autori di narrativa. “Si tratta di un Istituto che si distingue sul territorio proprio per questa attenzione al sociale – ci ha spiegato Marina Orefice – vengono svolti frequentemente incontri anche con la Polizia di Pioltello, con la Croce Verde e con i Vigili del Fuoco. Un Carabiniere specializzato in questioni antimafia spesso viene a parlare con i ragazzi di legalità: è qualcosa che questo tipo di territorio richiede a gran voce, sia per quanto riguarda il Liceo che il Professionale. In questo caso l’intento è stato quello di dare un valore testimoniale sfruttando le tematiche che i ragazzi hanno nel loro programma didattico: è importante sviluppare la loro coscienza critica come cittadini consapevoli”.

Verso la fine della mattinata si è parlato anche di coloro che rendono grande l’Afghanistan, come gli attivisti e le associazioni, che fanno tutto ciò che è in loro potere per rendere il loro Paese un luogo migliore. “Non è facile – ha affermato Malalai con un sorriso – ma è quello che dobbiamo fare”. E poi, tra gli applausi spontanei dei ragazzi, ha concluso: “Sappiate che coloro che lottano possono fallire, ma chi non lotta ha già fallito in partenza”.